Per l’umanità, da sempre, ciò che è raro trovare in natura diventa prezioso e quindi ha un alto valore aggiunto negli scambi commerciali, il che significa prezzo elevato, e di conseguenza questi prodotti scatenano persino le guerre fra i popoli oppure le peggiori nefandezze di criminali o dittatori nei territori che ne sono ricchi, a cominciare già dall’origine dell’homo erectus quando ci si rubava il “fuoco” appena scoperto, perché per mancanza di informazione era ancora raro a prodursi.
Grande valore economico avevano nel recente passato la seta ed il thè dell’estremo oriente, altrettanto ne hanno oggi le fonti energetiche in via d’esaurimento, dal petrolio al gas come pure i minerali rari quali sono le pietre preziose, gemme o diamanti.
Enorme valore ha sempre avuto l’ORO, vera moneta di scambio inossidabile e sicura al passare dei secoli, indifferente ai crolli di Borsa del 1929, alle crisi finanziarie, alla globalizzazione dei mercati, alle “altalene” sia degli spread tra i titoli degli Stati sia delle singole divise monetarie nazionali.
A Brindisi, sul porto, tuttora esistono due grandi colonne che l’impero romano duemila anni fa pose all’inizio di quella che considerava la più importante strada consolare verso Roma, la via Appia, che lo fu ancora per mille e più anni, fino alle crociate che qui imbarcavano i cavalieri ed i pellegrini per Gerusalemme.
Di qui i romani sbarcavano tutti gli approvvigionamenti per la città eterna, perfino le belve esotiche che lottavano coi gladiatori nell’anfiteatro del Colosseo.
Di qui arrivava anche l’Oro Liquido dei romani, l’olio d’ulivo.
Con esso si illuminava tutta Roma, con l’olio si producevano unguenti e medicamenti, perfino i cosmetici, infine con l’olio si cominciò anche a cucinare.
Per questa ragione l’impero importò anche grandi quantità di piante d’ulivo che distribuì dovunque, a cominciare dalle puglie dov’era Brindisi, per continuare al nord di Roma, nei territori degli Etruschi fino a quelli ai piedi delle Alpi.
Nei secoli queste piante si sono adattate ai climi più disparati, producendo olive ben diverse fra loro ed oggi possiamo gustare l’olio del Lago di Garda come quello della Liguria, inebriarci al profumo di quello Umbro e Toscano.
Purtroppo però questi territori soffrono di inverni anche molto rigidi mentre proprio le prime centinaia di chilometri quadrati che furono impiantati ad ulivo, intorno al porto di sbarco per tutto il continente, le puglie, offrono un clima mite tutto l’anno e questo, unito a venti marini molto particolari, ed all’ostinazione per la sopravvivenza in assenza di grandi disponibilità di acqua, ha permesso una evoluzione diversa della specie consentendo alle singole piante di vivere per secoli addirittura irrobustendosi nei fusti con produzioni sopraffine di frutto.
Ma curare questi colossi della natura nella potatura, nella aratura del terreno che li nutre, nella difesa dai parassiti (per ottenere l’olio bio si utilizza la “lotta integrata”, cioè l’utilizzo di altri organismi viventi invece dei prodotti chimici, anche contro la terribile mosca olearia) e nella successiva raccolta delle olive, nell’attuale mondo del “fast e low cost” dovrebbe essere diseconomico per gli elevati costi di manodopera soprattutto.
Se poi vogliamo ottenere da queste splendide olive un olio extravergine vanno aggiunti i costi di molitura, di spremitura (meglio se a freddo) ed infine quelli di confezionamento, quindi produrre olio oggi agli attuali prezzi di vendita del prodotto finito dovrebbe essere non remunerativo sia per i coltivatori che per i trasformatori, ed infatti non lo è, anche e soprattutto per la concorrenza sleale della agropirateria.
E’ assolutamente impossibile ottenere un extravergine, non solo pugliese, ad un prezzo di 3 euro, eppure lo si trova sul mercato, nonostante siano passati quindici anni da quando il mitico Veronelli fece salire in auto il suo amico (grande giornalista enogastronomo oltre che autore e regista di centinaia di trasmissioni RAI e Mediaset) Cino Tortorella (noto come Mago Zurlì dello Zecchino d’Oro) e lo portò in Puglia senza spiegargli il motivo del viaggio.
Arrivati nel porto di Monopoli bloccarono lo scarico di olio d’oliva da una nave cisterna estera perché taroccato, fecero arrivare il pane da Altamura, lo condirono col “vero” olio extravergine pugliese e lo distribuirono alla folla che aveva invaso il porto.
Ne parlò solo il Wall Street Journal (che scriveva anche di come il traffico mondiale di olio d’oliva falso era pari, per valore, a quello della cocaina!!!), ripreso poi solo da Repubblica ma nessun altro media, soprattutto in puglia, ne parlò e tutto finì nel dimenticatoio.
I
nfatti purtroppo ancora in questi mesi ho trovato olio extravergine pugliese venduto a 2,50 euro e mi dicono che in Sicilia alcuni supermercati vendono olio pregiato di quella splendida isola a soli 0,99 euro per 75 cl …!!!!
Oltre alla bontà ed alle proprietà organolettiche di un vero olio extravergine non bisogna sottacere che da anni il famoso oncologo professor Francesco Schittulli, presidente della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori si spende, in ogni suo intervento pubblico, per sottolineare l’importanza di questo alimento, ormai acclarato essere (da tutti i tipi di test ed analisi scientifiche) un potente alleato nel contrasto all’insorgere di malattie cancerose.
La giornata LILT infatti ha come testimonial proprio una bottiglia di olio extravergine d’oliva.
Se ce ne fosse bisogno bisogna anche ricordare che perfino l’inventore della Dieta Mediterranea, recentemente dichiarata dall’UNESCO patrimonio della umanità, il medico statunitense Ancel Keys, più di cinquant’anni fa analizzando sette territori del mondo (Seven Country Study) affermava che l’abitudine alimentare delle popolazioni del sudEuropa le rendeva immuni a molte malattie, anche cardio vascolari,facendole vivere più a lungo,e fra questi alimenti primissimo era l’olio extra vergine d’oliva usato in gran quantità al posto del burro e di altri grassi animali come è invece d’abitudine e tradizione di quelle, per esempio, dei paesi del nord.
Infine Paolo De Castro, da ministro prima e da presidente della Commissione Europea Agricoltura poi, ha indotto il Parlamento di Bruxelles a legiferare affinché sull’etichetta sia indicato non solo il luogo di molitura ma pure quello di raccolta delle olive, affinché sia il consumatore consapevole a scegliere cosa comperare.
Questa legge è tuttora disattesa.
Può perciò un olio acquistato a tre euro essere quello gustoso al palato e buono alla nostra salute? E’ una domanda che ogni acquirente dovrebbe farsi.
Potrebbe essere il contrario invece, potrebbe essere che a quel basso prezzo sia un tarocco utile solo al nostro avvelenamento!
Sarebbe comunque già necessario rivedere in maniera più restrittiva ed al più presto, in sede di Parlamento Europeo, i parametri ammessi per i famigerati alchil esteri.
Si tratta di composti che si formano in seguito, per esempio, al degrado di olive danneggiate o conservate in condizioni non ideali e poi lavorate comunque.
Si ottiene così la formazione di alcol etilico e metilico che può evolvere in alchil esteri e questi resistono ai trattamenti per eliminarli, per cui diventano delle spie che con la loro presenza elevata indicano una scarsa qualità dell’olio extra vergine.
Sarebbe l’equivalente del controllo antidoping agli atleti, ma non basta, bisogna inasprire i controlli nei laboratori di analisi e le repressioni delle inaudite frodi di produttori che le olive non le conoscono nemmeno.
L’olio taroccato infatti diventa molto simile esteriormente a quello vero perché viene deodorato e colorato con la clorofilla, ma probabilmente non deriva dalle olive tantomeno da quelle degli olivi secolari della piana di Fasano, Monopoli e Brindisi, per esempio, ecco perché si trova in commercio a 2,5 euro.
L’assesssore alle Risorse Agroalimentari della Regione Puglia avv. Dario Stefàno sta giustamente investendo molto sul “brand unico” per tutti i prodotti regionali, che non è solo una necessaria operazione promo/commerciale di sistema (da sole le piccole e virtuose aziende non avrebbero la forza economica per investire in marketing e comunicazione) ma anche e soprattutto una etichetta di tracciabilità su disciplinare preparato dall’Istitute Agronomiche Mediterraneè diretto in Italia dal dott. Cosimo Lacirignola, una dei maggiori esperti internazionali, tutto ciò a tutela dei consumatori, anche dell’olio d’oliva.
Forse, se si è in Puglia, sarebbe il caso di acquistare olio extravergine dalla Cooperativa Goccia di Sole di Molfetta alla quale giovani agricoltori conferiscono il frutto delle loro fatiche, oppure il biologico del Consorzio Oliveti d’Italia o dell’Antico Frantoio Muraglia di Andria, e per continuare con le piccole ma pregiatissime produzioni dei Feudi dei Verità di Bitonto, San Tommaso dei Rubino di Turi, della Masseria Cantore di Gioia del Colle, di Caroli a Martina Franca, per finire infine nel Salento con l’Olearia Liberanus di Leverano, con Labbate di Ugento e Terra Pajara di Presicce.
Ho citato solo dieci etichette di olio extravergine a cui vorrei che dessero i voti e stabilissero il prezzo non le grandi guide enogastronomiche ma i consumatori stessi dopo averlo assaggiato.
I ristoranti italiani poi dovrebbero tutti servire a tavola le migliori etichette di olio dei propri territori, ho notato che alcuni, ad esempio sul Lago di Garda ed in Toscana, lo fanno già, purtroppo questo non succede proprio in Puglia.
Proporrei anche che durante le partite di golf, nei campi di tutta Italia, partite che ho visto durare molte ore nella quiete della natura e che necessitano di un break per lo spuntino, venisse adottato questo accorgimento sulle tavole all’ora di pranzo nelle club houses, perché questo sarebbe una formidabile promozione che semplicemente enfatizzerebbe una sinergia già esistente fra sport del golf, natura ecosostenibile ed olio extravergine d’oliva.
Nel Parco delle Dune Costiere di Torrecanne e Savelletri, vicino a Fasano, epicentro dei sessanta milioni di alberi d’ulivo delle puglie, esiste la masseria Brancati dove ho scoperto alcuni alberi che sono stati piantati prima che nascesse Gesù Cristo.
Non volevo crederci ma questo è stato appurato dalle analisi delle radici fossili sotto questi vecchi signori millenari che ancora producono ben vegeti olive di qualità inimitabile.
In loro onore, ed in onore del salute dei consumatori, proporrò di cominciare una sinergia Golf/Oro Liquido proprio dalla vicina Masseria San Domenico Golf Club, che potrebbe così divenire testimonial e simbolo d’esempio, sia perché il suo campo da golf, che si distende sul mare di Savelletri ricorda quelli delle hilanders scozzesi di Sant’Andrea dove è nato questo sport, sia perché il green di masseria San Domenico, fra laghetti e mare, vede spuntare dall’erba, ogni tanto, un grande albero di ulivo secolare pugliese.
Al turista golfista che venisse in auto per un weekend di gioco su quel campo non posso che consigliare vivamente di uscire al casello autostradale di Gioia del Colle e recarsi a 10 chilometri nel centro di Santeramo in Colle nello “showroom di degustazione e vendita” dell’ Antico Pastificio Benagiano e gustare la stessa pasta fatta con le trafile in bronzo e la lenta essiccatura, che qui gustò perfino Giuseppe Garibaldi 150 anni fa, condita proprio e solo con un filo d’olio extravergine d’oliva.
Se si è fortunati si può incontrare lo chef Pasquale Fatalino (che rappresenta la Puglia in RAI alla “Prova del Cuoco “ di Antonella Clerici) che di tanto in tanto lascia il suo ristorante di Noci “Antica Locanda” e qui condisce la pasta Benagiano col ragù delle sue inimitabili braciole (involtini di carne) oppure le orecchiette di questo pastificio (soffici e tenere come la pasta fresca) con le fave e le cime di rape.
Ritornando a Gioia proseguirei verso Taranto e di lì, salendo verso Martina Franca sosterei per la notte a Crispiano nota per le sue Cento Masserie, proprio in quella del presidente del relativo Consorzio dott.Antonio Prota, nell’incantevole masseria Quis ut Deus per provare un ristoro nella “salus per acquam” ricavata nei trulli e chiamata “Inferno, Purgatorio e Paradiso” e provare l’olio qui prodotto e quello della favolosa attigua Masseria Mita.
L’indomani mi recherei, attraversando il canale di Pirro, che secoli fa questo condottiero attraversò coi suoi elefanti, sulla Selva di Fasano, passando da Alberobello non potrei evitare di visitare il Museo del Vino Pugliese nella storica Cantina Albea, acquistando almeno 3 vini, il Raro Negroamaro Primitivo, il Lui Nero di Troia ed il nuovo vino prodotto per il Papa Benedetto XVI Cantate Domino Moscato Passito.
Il capo cantiniere Giorgio Petrelli vi vorrà sicuramente stillare direttamente dalla botte il nuovo Rosato Petrarosa ottenuto nientemeno che dal forte vitigno Primitivo di Gioia del Colle, lo ottiene col metodo del “salasso”, dopo la spremitura viene immesso in silos d’acciaio chiamati “fermentini”, le bucce che danno colore al primitivo vanno in sospensione nella parte superiore e da quella inferiore viene estratto il delicato mosto ancora appena rosato.
Avendo più tempo dei due giorni mi recherei assolutamente nel Salento e a Lecce mi farei guidare dal dott. Gianni Gemma a visitare le decine di frantoi (alcuni ipogei) che etichettano il proprio olio d’eccellenza sotto la tutela consortile APROL Lecce di cui lui è consulente tecnico.
Comincerei con Primoljo dei 3 fratelli Primiceri, che al salone “SOL” nel Vinitaly di Verona hanno incantato tutti anche per il loro stand che presentava una miniaturizazione sia delle macine che delle presse di spremitura dalle quali sgorgava un limpido olio extravergine salentino.
Ma comunque, salito sulla Selva di Fasano,avrei la visione dall’alto dei milioni di alberi d’ulivo sotto di me, pranzerei nella Tenuta Monacelle che sembra un antico villaggio pugliese con trulli e masserie e scenderei finalmente sul mare a Savelletri per giocare a golf nella masseria San Domenico.
Qui nel prossimo Evento che organizzerò con l’architetto Giuseppe Germano, direttore generale di “Apulia Golf District” e con Stefano Masullo, direttore di “Golf People Club Magazine”, con una gara internazionale, spero di avere ospiti, perché già invitati (anche per invogliarli a giocare a golf nell’attiguo campo prova), sia il Ministro alle Politiche Agricole Mario Catania, sia Felice Delle Femine, direttore Centro/Sud Italia della Unicredit (che ha in cantiere il programma “laboratorio agroalimentare del Sud), sia l’avvocato Fabrizio Lombardo Pijola presidente di Antennasud (e socio di Oscar Farinetti nel prossimo Eataly a Bari),
sia il presidente della Commissione Agricoltura al Parlamento Europeo Paolo De Castro.
Durante la più importante Fiera del settore, il CIBUS di Parma, avevo invitato in Puglia pure Raphael Gay, il responsabile della banca francese Crèdit Agricol proprietaria di Cariparma.
Pur se a fine agosto Crèdite ha ridotto la sua partecipazione in Intesa San Paolo al 2% perché costretta dall’antitrust, sono contento che resti invece nella banca parmense perché Parma è la sede dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, grazie all’onore che si è guadagnata nel mondo con le sue eccellenze, dal Parmigiano al Prosciutto, e la Crèdit Agricole, a cominciare dal nome, ha una importante mission agroalimentare nella sua attività creditizia.
Con tutto il rispetto per lo champagne e gli squisiti formaggi prodotti fra gli splendidi castelli della Loira dai nostri cugini francesi, se il dott. Gay riuscisse a portare a giocare a golf a Masseria San Domenico anche il numero uno di Crèdit Agricole Jean Paul Chifflè ed il suo direttore finanziario Bernard Delpit,
saremmo lieti, noi pugliesi, di far loro gustare l’olio extra vergine dei nostri ulivi secolari spalmato su una fetta di pane d’Altamura con sopra schiacciato un pomodoro (presidio Slowfood) della limitrofa Oasi Marina Protetta di Torre Guaceto.
L’unione europea si costruisce anche così, con lo sport e con il cibo.