Il genocidio culturale in Tibet davanti alla Commissione ONU per i diritti umani
Negli scorsi giorni l’ICT (International Campaign for Tibet) ha presentato alla HRC (Human Right Commission) delle Nazioni Unite un rapporto intitolato “60 anni di malgoverno cinese: discussione sul genocidio culturale in Tibet”.
Nella foto: la presidentessa dell’ICT, Mary Beth Markey, a Ginevra
Durante la sessione estiva (n. 20, 18 giugno-6 luglio) delle riunioni dell’HRC, nel Palazzo delle Nazioni a Ginevra, si è tenuta una tavola rotonda dal titolo “Diritti umani nella Repubblica popolare cinese: il genocidio culturale contro il popolo tibetano”. Hanno partecipato i delegati di diverse ONG e alcuni Cinesi che si sono qualificati “privati cittadini, presenti a titolo personale”. Il moderatore era il noto avvocato internazionale dei diritti umani Michael Van Walt van Praag.
“L’attuale situazione in Tibet merita una risposta qualitativamente diversa dalla comunità internazionale” perché non assistiamo da decenni a una semplice serie di casi di violazione dei diritti umani, ma ” i tibetani sono di fronte a una distruzione sistematica e intenzionale della loro cultura da parte delle autorità cinesi”, ha detto la Markey.
Il direttore esecutivo dell’ICT in Germania, Kai Mueller, ha denunciato il continuo uso della forza contro manifestanti pacifici, mentre Ngawang Choephel, dello staff ICT a Ginevra, ha spiegato come da decenni è in atto una politica di marginalizzazione della lingua tibetana. I Cinesi presenti hanno replicato che i rappresentanti dell’ICT operavano una “distorsione dei fatti” e che “la Cina è uno Stato di diritto”.
Intanto i tibetani continuano a immolarsi.
Si può leggere o scaricare il rapporto in inglese sul sito Save the Tibet
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