Le nove porte celesti
a cura di Giordano Berti
Chiesa di Sant’Andrea – Gualtieri (RE)
Periodo: 31 Marzo – 30 Aprile 2012
Orari: 10.00 – 12,30 e 15,00 – 18,30 Sabato, Domenica e festivi
Affezionarsi alla via retta, perché c’è un errore se c’è deviazione,
vegliare che la corda sia tesa, perché altrimenti avanzerà la paura.
Non temere né il caldo torrido che dilata né il freddo acuto che insterilisce,
camminare tra le siepi di rovi e di spine, aprirsi un passaggio a fianco della pena,
arrivare davanti a un muro di granito, penetrarlo e non controllarsi nel fare.
Dimenticare chi si è.
Abbandonarsi senza pregiudizi all’attrazione che aderisce all’oggetto del desiderio,
essere notte a se stessi, per ricevere in tutta la sua novità, la luce.
Dal 31 Marzo presso la chiesa di Sant’Andrea di Gualtieri è in corso la mostra Le nove porte celesti, un progetto realizzato da Mario Vespasiani (1978) appositamente per lo spazio sacro, il quale se da un lato pretende (da sempre) dagli artisti un confronto con la dimensione spirituale, prima che con la propria creatività, dall’altro si può dire che pretenda un certo grado di abbandono alle suggestioni che la fede (qualunque fede) richiede. Tale confronto impone dunque, precise scelte simboliche (riferite ai contenuti) ed estetiche (riferite alle forme). Nel caso attuale di Vespasiani si può dire che forma e simbolo coincidono pienamente. L’artista marchigiano, infatti, ha composto nove opere di formato verticale che, come porte, spingono l’osservatore ad attraversare metaforicamente la superficie e a perdersi in quelle nubi che, a loro volta, appaiono negli spiragli dei fondali delle grandi pale barocche presenti nelle cappelle laterali. Al centro dell’installazione, Vespasiani ha inserito una ciotola di terracotta nera dalla quale si solleva una colonna di fumo d’incenso liturgico proveniente dal Santuario di Loreto. Non si tratta di una leziosità scenografica, ma della volontà di stringere più saldamente, sebbene in modo impalpabile, il legame tra l’insieme dell’opera artistica e la dimensione spirituale che la ispira per l’importanza dell’incenso nella liturgia, usato fin da epoche antichissime, nelle religioni orientali, come offerta alle divinità. In questo modo Vespasiani aggiunge alle nove porte pittoriche un elemento aereo, effimero eppure ben visibile e percepibile persino olfattivamente; un velo che, sollevandosi verso l’alto, trascina con sé lo sguardo e i sentimenti dell’osservatore. Per Vespasiani, mostrare l’assenza di “forme” in un contesto così ricco di capolavori della fede è come una liberazione dell’intelletto dalle vicende quotidiane per trasformarlo in un “occhio di fuoco” capace di sperimentare una sorta di ascesi. Le nove porte, collocate in circolo all’interno dell’architettura sacra, diventano cifre espressive di una superiore realtà in cui i colori, le luci e i bagliori richiamano i misteri di un oltre che supera le terrestri condizioni di tempo e di spazio. Le opere si riferiscono ad un canale invisibile tra cielo e terra, in altre parole al dialogo tra la componente razionale e quella spirituale: un’esperienza intima con la divinità di cui ogni uomo può esserne testimone. Ricollegandosi alle componenti visionarie della pittura romantica e a sperimentazioni che non mirano a rappresentare la realtà oggettiva bensì a riflettere un mondo interiore, le tempeste che si dissolvono in luci improvvise e le fiamme che si perdono tra le nuvole sembrano caricarsi di un carattere profetico.
La ricerca di Mario Vespasiani (1978) nella pittura si concentra nello studio delle luminosità del colore e nei tempi di apparizione del soggetto nello spazio, che si dilata nel silenzio ai limiti del conosciuto. Le sue visioni si basano più che su catene di concetti, su assonanze tese a cogliere le ragioni di quel che accade, senza tuttavia fare riferimento ad echi di cronaca quotidiana. Ha esposto su tutto il territorio nazionale e fin dall’esordio ha documentato le sue mostre personali con volumi prodotti in serie limitata, arricchiti da testi critici, interviste e da testimonianze trasversali di filosofi, scrittori, antropologi e teologi. Nel 2011 è stato invitato alla 54° Biennale di Venezia nel Padiglione Italia. Vive e lavora a Ripatransone (AP).