CIRCOLI. Golf des Iles Borromeès: ma quale “etichetta”?

Il sole splende alto nel cielo terso e una leggera brezza lacustre accarezza il viso, clima inusuale per essere i primi giorni di gennaio. In redazione, grazie ai rapporti internazionali personali, di elevatissimo  livello, vantati dal  direttore  responsabile, e maturati in oltre cinque lustri di carriera nel settore finanziario, arriva la proposta di intervistare Allegra Nasi, fine polista di caratura mondiale.
L’idea è quella di unire polo e golf, come già fatto con il case study sul polista pluripremiato di grande fama Francesco Pellegrino, nella storia di copertina del numero due di Golf People Club Magazine.
La rivista in oggetto, ha infatti saputo raggiungere in un solo anno di vita la leadership assoluta ed incontrastata nel proprio segmento di mercato. Nel 2012 è infatti diventata media partner ufficiale di oltre 150 gare golfistiche sul territorio nazionale, confermandosi ancora una volta ai vertici del settore editoriale di riferimento.
Mentre nel caso di Francesco Pellegrino, il circolo golf prescelto era stato il bellissimo Golf Alpino di Stresa, questa volta la scelta del contesto golfistico era ricaduta sul Golf Club des Iles Borromeés.
I primi contatti con il Circolo Golf avvengono nel mese di gennaio con l’amministratore delegato della  società che controlla il circolo di golf. Lo staff direttivo del des Iles Borromeés si dice sin dall’inizio entusiasta dell’iniziativa, invitando lo staff  editoriale a visitare il club per siglare l’accordo.

Da quel giorno di gennaio, ormai imprecisato nella data, si sussegue un tam tam di telefonate. L’ amministratore delegato invita, e millanta che richiamerà la direzione della testata, ma ogni volta lo staff del circolo golf pare poi scomparire nel nulla. Le settimane passano, ed anche i mesi, intanto la proposta di  poter usufruire di una visibilità di prestigio riservata in esclusiva al Circolo Golf des Iles Borromeès rimane sul tavolo.
È marzo e il circolo del lago Maggiore continua a spostare in là la data di un ormai fantomatico incontro. A questo punto  la prima riflessione che ci si pone è la seguente: ma il golf non dovrebbe essere una disciplina sportiva praticata da gentiluomini e caratterizzata da fair play? O almeno, i rapporti di lavoro non dovrebbero essere regolamentati da una sana e buona educazione, così come la vita impone?
Direi proprio che la risposta alle domande dovrebbe proprio essere: si!
Infine, quale imprenditore non si sentirebbe preso in giro a fronte di tale comportamento, dopo mesi di lavoro, energie spese, un altissimo monte ore/uomo e  risorse economiche impegnate per favorire un Circolo Golf con un servizio editoriale speciale di ben cinque pagine su una rivista di settore?
In tempi come questi, dove tutti, a fronte di difficoltà economiche si “fanno in quattro” per governare il bilancio aziendale, l’ amministratore delegato e lo staff del Golf  des Iles Borromeès, si sentono legittimati a comportarsi in maniera scortese e maleducata, al limite della supponenza. Ciò cha pare più strano in tutto ciò, è la mancanza di lungimiranza dimostrata dall ‘   amministratore delegato e  dallo staff direttivo del golf, nel non sfruttare l’ampia visibilità internazionale offerta  spontaneamente dalla rivista, capace ,attraverso un sapiente servizio editoriale di valorizzare il contesto del Lago  Maggiore, di Stresa e dei Golf Club che punteggiano le coste del bellissimo  paesaggio naturale .
Questa esperienza non proprio edificante, mette in evidenza la peculiarità, non esattamente da manuale, di tecnica industriale e commerciale e soprattutto di galateo, nei confronti di chi dovrebbe essere deputato alla gestione di una impresa, quale a pieno titolo può essere considerato un circolo golfistico  e di conseguenza il giudizio che se ne può trarre, rendendolo di dominio pubblico, è assolutamente negativo sotto tutti i punti di vista sia umani che professionali , esprimendo il consiglio, a ragion veduta , di non frequentare tale club .
In questi mesi di attività editoriale abbiamo avuto la possibilità di conoscere ed incontrare personalmente quasi tutti i veri protagonisti del golf italiano ed internazionale , apprezzandone le doti personali, come la simpatia e la signorilità, unitamente alle indiscusse capacità di gestire sistemi aziendali complessi , ed in tale contesto , segnato da atteggiamenti macroscopici di scarsa lungimiranza, mai trattare male chi di professione consuma litri di inchiostro , infatti un vecchio e saggio proverbio recita ” ne uccide di più la penna che la spada “, figuriamoci chi diffonde, tra digitale e cartaceo oltre 250.000 copie, è assolutamente significativo oltre che veritiero ed un onore, rendere omaggio a dei veri signori come Paolo Spadacini, Paolo Vittadini, Paolo Piras, Alessandro Aina, Aldo Invitti di Conca, Paolo Besagno, Valter Castagnero, Fabrizio Pagliettini, che si sono sempre contraddistinti, nel loro comportamento quotidiano e con chiunque, dal più umile al cosiddetto più potente di turno e pro tempore, per essere dei veri gentiluomini, prima ancora di venire riconosciuti come protagonisti di successo e vere icone e portabandiera del golf italiano .
Questo atteggiamento pare essere sintomatico di alcune persone che golfisticamente lavorano su questa sponda del Lago Maggiore. Ricordate la Fiera del Golf a Stresa, che in seguito al risultato ottenuto è stata ribattezzata “WATER FLOP SHOT”, a memoria dei colpi finiti in acqua della “Island in one” davanti all’isola Pescatori? A parte le “veline stampa” inviate dall’organizzazione in cui tutto era roseo e green, al festival nessuno è stato veramente soddisfatto.
In occasione della Festival del Golf ti aspetteresti di trovare gli stand di Golf Club e operatori golfistici lungo le sponde del Lago Maggiore dove i non addetti ai lavori e i non golfisti potrebbero fermarsi a curiosare e magari avvicinarsi a questo splendido sport: invece tutto ciò non avviene. Subito ti assale la prima cocente delusione di questa manifestazione. La location dedicata al Festival è un anonimo e irriconoscibile spazio architettonico che esternamente non presenta alcun richiamo golfistico per attrarre il pubblico. Subito penso al lungimirante testo d’architettura pubblicato da Robert Venturi negli anni Settanta che enunciava le “Billboard  Architecture”, architetture icone, edifici pubblicitari che enunciano in facciata ciò che rappresentano  e che contengono. Esempio ne erano i casinò nati a Las Vegas nel deserto del Nevada, veri oggetti di marketing più che edifici da vivere. Al Festival del golf di Stresa, trent’anni dopo, dall’esterno nessuna traccia riconoscibile di ciò che la fiera contiene. Decido lo stesso di entrare e visitare gli spazi espositivi. E qui sono colpito dalla seconda cocente delusione. I piccoli stand riservati agli espositori sono disposti in batteria uno dirimpetto all’altro, al centro un corridoio distributivo vuoto calcato dai pochi presenti. Nessuna ambientazione a tema golfistico è stata allestita per la prima edizione della manifestazione. Se avessi potuto vedere Bob Dylan ad un angolo cantare il suo celebre brano Desolation  Rrow ti sarebbe sembrata una colonna sonora perfetta per la situazione