Lungo la costa del Fife, tra il Fairmont St.Andrews Hotel e il Crail Golfing Society, in posizione baricentrica tra i due, si trova uno tra i più bei campi da golf al mondo. E’ il Kingsbarn Golf Links, club progettato dall’architetto americano Kyle Philipps e magistralmente diretto da Mr.Alan Hogg. Imboccato il viale di raccordo tra la strada principale e la proprietà, con l’automobile si passa attraverso un’ampia distesa di erba folta e gialla che si piega al soffio deciso del vento. Il paesaggio è armonico e placido, e la vista oltre alla linea mossa dell’orizzonte può cogliere la verticalità delle linee del bosco che lambiscono il confine del Kingsbarns Golf Links. Il tempo di guardarsi attorno e lasciar sfilare il Driving Range sul lato sinistro, e gli pneumatici dell’auto si arrestano di fronte al Consierge del Golf Club. E’ un signore alto, con barba e capelli bianchi. In mano stringe una cartelletta con tutti i tee time di giornata. Il tempo di aprire la portiera e subito la sua voce impostata e profonda ti da il benvenuto: “Welcome Mr. Andrea Carlo at Kingsbarns Golf Links”. Il giocatore non deve far altro che entrare in Club House, cambiarsi d’abito per il gioco, guardare il fornito Pro Shop e poi andare sul putting green, ad aspettare il suo tee time. Nel mentre, lo staff del Golf Club ha provveduto alla registrazione del giocatore e a preparagli la sacca direttamente sul battitore della buca n.1. Per i giocatori più esigenti il circolo mette a disposizione caddy e fore caddy, che oltre a cercare le palline sepolte nel possente rought controllano le linee del putt, che qui a volte sono chilometriche.
Chapter 2. Light-Filled Spaces
In architettura si usa una particolare accezione linguistica e semantica per indicare la differenza tra spazi “aperti” e quelli che invece sono “conclusi”, non chiusi, ma semplicemente delimitati. Gli spazi conclusi in architettura sono spazi progettati dall’uomo o naturali, ma ben definiti rispetto al luogo circostante. Si dice che una delle principali differenze tra l’architettura romana e quella greca, stava nella tipologia di spazi progettati. Gli antichi romani costruivano in modo centrifugo, ovvero dall’interno di una stanza verso il paesaggio esterno, così ritagliavano nel muro le loro aperture: porte e finestre. Gli antichi greci, più saggi e raffinati, impostavano le loro planimetrie secondo un criterio centripeto, ovvero portavano il paesaggio all’interno dell’architettura. A Kinkgsbarns vi sono due tipi di spazi: il primo è uno spazio “inondato di luce”, mentre il secondo è un paesaggio fatto d’ “aria”. Quando solchi la soglia della Club House, una luce intensa e carica di colori ti abbaglia. Questa filtra dalle sinuose vetrate che affacciano sul fairway della buca 18, e più in là, verso il Mare del Nord. Appena varcato l’ingresso, pochi passi oltre, si trova a sinistra il Pro Shop, mentre a destra vi sono il lounge bar e le scale in legno che conducono al piano superiore, dove si trovano gli spogliatoi maschili e femminili. Lungo le scale di legno che conducono al livello superiore, noterai le pareti ricche di dipinti ad olio con scene golfistiche, il ritratto di Old Tom Morris, e una teca con preziosi legni e ferri dell’Ottocento, tutti rigorosamente con shaft in legno di quercia, che qui semplicemente chiamano “Hickory Clubs”. Entrare nello spogliatoio per noi amateurs è un po’ come per un professionista entrare ad Augusta per il Master. E’ uno spettacolo che fa brillare gli occhi. Oltre agli armadietti e alla panche in legno, si trovano dei bellissimi divanetti con tavolini e riviste di golf. Se non fosse che si è prenotato un tee time si passerebbe volentieri il pomeriggio, aspettando il tramonto sul mare, a leggere storie di Open Championship guardano il Links e le creste bianche delle onde che si frantumano sulle scogliere.
La vista di cui si gode vale il viaggio. Si è immersi in uno spazio “greco” dove non c’è distinzione tra esterno e interno, poiché lo spazio che noi abitiamo altro non è che un recinto separato dall’esterno attraverso una flebile lastra di vetro. Scendendo le scale, sistemo nella tasca destra tee, guanto e palline. Raddrizzo la visiera in fronte, ora sono pronto per la mia battaglia. Ma il golf a dire il vero è un gioco che non puoi vincere, ma solo giocare, trovando il tuo posto in campo. Uscendo lo sguardo è rapito dalla linee acute dell’architettura della Club House. L’ingresso è composto da un piccolo nartece fatto alla moda greca, timpano e colonne, che poco hanno da spartire con lo spiovente alto e profondo del tetto atto a convogliare le abbondanti piogge locali ai quattro angoli della copertura. L’errore non è degli scozzesi, lo sappiamo, ma degli inglesi, che sul finire dell’Ottocento riscoprono l’architetto vicentino Andrea Palladio. Purtroppo non si sono limitati a studiarlo, ma hanno cercarlo di adattarlo al loro tempo, creando un melange architettonico poi passato alla storia come “palladianesimo”; ma se questo serve a far vivere la grandezza del nostro per i secoli a venire, allora anche questi frottage stilistici sono perdonati. Tuttavia la Club House è maestosa e ben integrata nel paesaggio circostante del campo da golf, tanto da sembrare che sia lì da sempre, e il Links altro non sia che una sua prosecuzione.
Chapter 3. Air-Filled Spaces
Oltre agli spazi percepiti dall’uomo come delimitati vi sono poi gli spazi “aerei”, ovvero quelli naturalmente ci circondano. Non tutto ciò che ci circonda è però percepito come spazio; uno spazio per essere tale deve dare all’uomo la sensazione di accoglierlo, di proteggerlo, e in certo senso di essere concluso, non sterminato e privo di una fine che la vista può padroneggiare. Kingsbarns è uno di questi spazi. E’ naturale, ampio, ma la vista è protetta, l’architetto ne ha progettato i coni prospettici e gli spazi, facendolo diventare un architettura di paesaggio in cui l’uomo trovi la sua dimensione, la sua scala, e si senta in rapporto con ciò che lo circonda. Posizionare la palla tra i battitori della buca n.1 ti da l’impressione di compiere un gesto epico, la natura ampia e selvaggia è pronta ad accoglierti ed ffascinarti. Dal momento in cui effettui il primo colpo sai che quella sarà una grande giornata, indipendentemente da come giocherai. L’importante a Kingsbarns è esserci.
La sfida inizia con il primo colpo, devi sapere dove posizionare la palla in fairway, dove poter sbagliare e dove invece devi assolutamente evitare di mandare la palla. Kingsbarns è un links moderno, in cui la mano dell’architetto pare essere stata guidata dalla natura nel modellare le ondulazioni e la tettonica del paesaggio. Non vi è buca che sia un capolavoro di tecnica e di coni prospettici. Ogni buca la puoi giocare in modi diversi e sempre entusiasmanti. Ogni buca è una sfida con il campo e con te stesso. Le migliori riviste di golf al mondo hanno inserito il Kingsbarns Golf Links al 61° posto tra i Top 100 Golf Courses al mondo. E’ impossibile scegliere una buca ed eleggerla come la più bella, ognuna ha un sapore diverso, ognuna ti stregherà in modo differente. Tra tutti i percorsi da golf costruiti negli ultimi cinquant’anni, Kingsbarns si classifica all’11° posto nel mondo, mentre a livello europeo questo percorso è il Re incontrastato da anni al primo posto. Questo campo, nonostante esista da solo dodici anni, è in realtà una fenice nata sui fasti antichi di un ben più piccolo e raccolto campo a quattro buche, che qui sorgeva in riva al mare nel 1793. Ricordo alla perfezione tutte le buche e tutti i colpi giocati, nonostante quel giorno piovesse e tirava vento come mai avessi visto in vita mia; ricordo con immenso piacere il par e il one putt rubato al campo sulla buca n.12, un lunghissimo par5 in riva la mare, dove Eolo soffia a gran polmoni e Nettuno lo incoraggia con spuma bianca delle onde che si infrangono sulla scogliere sottostante.
L’odore del mare è forte e abbondante. Lo gusti in totalità, ti inebria l’olfatto e ti si avvinghia sulla pelle. Quando arrivi alla quindicesima buca, in una giornata come questa, sei stanco e spossato, ma quando vedi la meraviglia davanti agli occhi allora recuperi le forze che ti stavano abbandonando. La buca n.15 è un capolavoro, un “masterpiece”, una “mile stone” della storia del golf, e un po’ di tutti noi, giocatori raminghi. Un green lungo, stretto e ondulato è aggrappato all’ultimo lembo di terra che entra nel Mare del Nord. E’ tanto stretto da sembrare un polder olandese, ovvero una piccola porzione di terra inerbita sottratta alla salsedine del mare. La posizione di bandiera qui può variare il gioco di due o tre ferri, soprattutto se il vento soffia in senso contrario, da nord-est, e trasporta con sé un carico di acqua salata proveniente dal mare. Strappare la palla al vento, che la spinge verso il mare, e metterla in green, non in asta, è una soddisfazione che ti fa alzare le braccia al cielo. Quando arrivi alla diciottesima buca, davanti a te non vedi il drappo rosso che indica la fine, poiché nascosto dietro un pot bunker, ma la vista e l’animo sono inorgogliti dalla grande bandiera crociata di St. Andrew, la bandiera di Scozia. E’ lì che devi mirare, è lì che ti senti tornato a casa.
Chapter 5. The End
A Kingsbarns chiunque, seppur per un solo giorno, può sentirsi Re di Scozia.
Libro consigliato: Louis I.Khan, Statment of Architecture, Zodiac, n.17, Milano 1967
Disco consigliato: Il mio mondo, Con il passare del tempo Album, Umberto Bindi, West Record, 1972