Pare che quando si parli di Scozia, sussurrando la “s” come il sibilo del vento, anche le condizioni meteorologiche locali si livellino su quelle scozzesi. E’ bastata l’idea di scrivere che si è alzato il vento e le nubi si sono scurite all’orizzonte.
Il vento di Scozia però ha tutto un altro fascino, è costante e silenzioso, lo senti dritto e tagliente sulla faccia e sulle mani, le uniche parti scoperte quando si gioca a golf lassù. Il vento di Scozia lo percepisci quando inizi il back-swing e la testa del bastone si sposta dalla linea ideale su cui l’hai giocato. Il vento di Scozia oltre a lisciare green e fariway, talvolta ti costringe a riparati dietro la sacca da golf per riscaldarti. Quando arrivi a Saint Andrews tutto pare mitico e intriso di storia e tradizione. Qui realtà e leggenda si amalgamano in unica tonalità fatta di mille sfumature del medesimo colore: il verde del golf di Scozia.
E’ difficile scegliere da dove iniziare a guardare la piccola cittadina di Saint Andrews: c’è l’antica Abbazia gotica della città, ai cui piedi si trova il cimitero cittadino, che è sorta sei secoli fa e oggi è una bellissima rovina ruskiniana all’interno del parco che si snoda tra l’area urbana e la costa selvaggia.
Da vedere vi è poi l’Università, una delle istituzioni più importanti e antiche dell’intera Scozia. Manufatto architettonico di fine caratura, costruito secondo la schema delle corti aperte, presenta diverse ali che elegantemente suddividono gli interstizi verdi tra un padiglione e l’altro. Anche essa è costruita in stile gotico, ma qui le rimaneggiature successive e i restauri recenti hanno trasformato l’edificio in un “revival gotico”. Stile applicato e teorizzato sulla fine dell’Ottocento, quando si costruiva una volta alla “moda dei Goti”, una volta alla “moda dei Romani” unendo stili del passato con gusto e tradizione costruttiva contemporanea:miscela che ha originato un nuovo stile, quello del Revival. Oggi l’università è un polo di ricerca di primo livello, e oltre un secolo e mezzo fa, proprio nella sua Aula Magna è stato dichiarato Dottore ad Honorem in Legge Benjamin Franklin, politico e Padre Costituente degli Stati Uniti d’America nonché inventore del parafulmine e promotore dell’adozione dell’ora legale.
Pochi passi oltre l’Università si arriva al mare dove si trova la spiaggia della baia di Saint Andrews, qui il vento soffia sempre costante e le onde spumeggiano bianche in un continuo susseguirsi infinito. A poca distanza l’uno dall’altro sorgono i più caratteristici edifici della tradizione dle golf: Il Museo del Golf Britannico, la sede della Royal & Ancient, l’Old Course Pro Shop, l’antica casa dove Allan Robertson creava le sue palline da golf, le “feather” e i suoi famosissimi Golf Club, putter, niblick, spoon, brassie, driver. Imperdibile da vedere è il golf shop Old Tom Morris, sede dove oltre un secolo fa il green keeper più famoso al mondo forgiava i suoi bastoni miracolosi, oggi acquistati per cifre rilevanti dai migliori collezionisti di tutto il mondo.
Tutti i visitatori devo poi andare sul battitore della buca n.1 dell’Old Course, dove tutto ebbe inizio, e dove ogni giorno dell’anno dalle 6 del mattino alle 8 di sera partono squadre da quattro giocatori al ritmo serrato di 10 minuti. Di fianco al battitore della buca numero uno si trova la casetta dello starter, dove per qualche decina di pound si può scegliere di giocare supporttati da un caddie. Alle spalle del giocatore si trova la club house raffigurata su tutti i libretti delle regole, quella che qui chiamano semplicemente Royal & Ancient. L’ingresso è riservato ai soli soci, mentre il campo è pubblico, quindi possono giocare tutti. I residenti di St.Andrews possono giocare sull’Old Course per un anno al costo di circa 200 pound, mentre i “visitor” devono invece prenotare il loro tee time un anno prima al prezzo di 150 pound per 18 buche.
E per chi non volesse prenotare, può presentarsi direttamente alle 5.30 del mattino sul battitore della buca numero uno, dove lo starter inserisce i giocatori singoli nella prima partita “two balls” o “three balls” disponibile. L’attesa può durare anche qualche ora. Terza ed ultima possibilità di giocare sulla Leggenda è compilare, due giorni prima della data di gioco, un modulo con i propri dati, circolo di appartenenza ed handicap di gioco, si viene inseriti così nel “The ballots”, una specie di lotteria dove ai fortunati estratti è assegnato un tee time.
Tutti i visitatori italiani devo obbligatoriamente andare a vedere i luoghi mitici dove Costantino Rocca si è giocato l’Open Championship contro John Daily nel 1995. Si inizia con il green della buca 18, dove dopo aver flappato da 40 metri, Costantino è finito sotto il green in quella che è chiamata “Valley of Sin”, da cui ha poi imbucato un lunghissimo putt da 18 metri che gli ha regalato la possibilità di andare al play off con l’americano. Bisogna poi camminare lungo tutto il fairway della 18 per arrivare al green della buca 17: la Road Hole. Qui un lungo muretto in pietra corre lungo tutto il green sul lato destro. Tutti i giocatori ci finiscono prima o poi, così dicono i professionisti, e Costantino ci è finito alla 71° buca del suo Open Championship. La palla giaceva sulla stradina, parte integrante del percorso, e senza alcuna possibilità di droppaggio va giocata così come si trova. Rocca in quell’occasione giocò un sand wedge di lama a far battere la palla sulla sponda del green per poi farla rotolare dolcemente vicino all’asta. Se si prosegue poi lungo il fairway della diciassettesima buca, si incontra sul lato sinistro l’Old Course Hotel, i cui tetti sono tagliati dai driver dei professionisti durante i giorni di gara. Camminando a testa alta, tra rought e fairway lisci come parquet, si arriva verso il mare. Sul lato sinistro si vede l’estuario imponente del fiume Eden, mentre a destra si profila lunga diverse miglia la spiaggia di Saint Andrews dove si alternano foche a surfisti intrepidi. Invertendo la rotta e lasciandosi l’Old Course sul lato destro, e il mare a sinistra, di ritorno verso la Royal & Ancient si incontra una piccola club house fondata del lontano 1867: è il Private Ladies Putting Club.
E’ un minuto club di putting green, oggi ribattezzato “Himalaya”, proprio in onore delle sue 27 buche di putting caratterizzate da salite impervie e altrettante discese. Un giro di putting comprensivo di pallina e putter costa 2 pound. L’ingresso non è più riservato solo alle giocatrici, e anche se in segreteria vi diranno che potrete giocare solo con una “skirt” o un “kilt”, non credetegli: è soltanto dello “scottish humour”. Proseguendo verso il centro cittadino, scorriamo sulla destra il fairway della buca uno dell’Old Course, delimitato da una lunga staccionata di legno bianco, che fa assomigliare il percorso disegnato da Old Tom Morris al lungo rettifilo di un ippodromo: “pure british style”.
L’ultimo edificio che rimane da visitare è il British Museum of Golf. Ad accogliere il visitatore è posta una statua in bronzo e grandezza naturale di Old Tom Morris, mentre alla sua sinistra si trovano i calchi bronzei delle impugnature di grip e mani dei più grandi giocatori di sempre: Severiano Ballestreros, Jack Nicklaus, Greg Norman, Gary Player. Il museo si articola in stanze e pannelli che ricostruiscono la storia del Golf dalle sue origini scozzesi, al Kolf olandese, a quello settecentesco, fino ad arrivare all’Ottocento, cui è dedicato un terzo della superficie espositiva. Il museo è un vero scrigno di reliquie golfistiche, coppe, medaglie, ferri e bastoni, cinture dell’Open Championship e abbigliamento vintage e contemporaneo firmato dalle glorie golfistiche viventi: Ian Poulter, Louis Ostuizen, Gary Player, Tiger Woods, Phil Mickelson. La presenza degli italiani all’interno del museo è delegata a tre sole immagini.
La prima: l’esultanza di Costantino Rocca, in ginocchio che piange, dopo aver imbucato il putt dalla Valley of Sin alla diciottesima buca dell’Open Championship 1995.
La seconda: una foto del Circolo Golf San Remo, club italiano inaugurato alle ore 14 di martedì 1° dicembre 1931. La foto è inserita all’interno del pannello “Golf World Heritage”, a sottolineare lo sviluppo del golf britannico nel mondo tra fine Ottocento e inizio Novecento.
La terza ed ultima foto: una didascalia sormontata da un’incisione a penna su carta paglia. E’ l’immagine raffigurante il pioniere dell’aria e scienziato italiano Vincenzo Lunardi, che con il proprio pallone aerostatico il 5 ottobre 1786 ha sorvolato per la prima volta in assoluto la Scozia, partendo da Edimburgo e arrivando a Cupar, nel cuore del Fife. Ad accoglierlo a Cupar oltre alla delegazione politica cittadina vi era anche Stuart Grace, Segretario della Royal & Ancient, il quale lo invitò personalmente a giocare a Golf presso l’Old Course con alcuni “notables Member”. Lunardi concluse la prima buca con 21 colpi, pari a circa un terzo di quelli necessari per completare l’intero percorso. Al termine della partita si tenne una cerimonia riservata a poche persone in cui Vincenzo Lunardi fu eletto “Member of the Royal & Ancient Golf Society”.
Con questo orgoglio italiano nel cuore, lascio il museo. Uscendo guardo la facciata maestosa della Royal & Ancient che si affaccia sull’Old Course. Come Lunardi volo a quote rarefatte, dove sogno e realtà si uniscono in una cosa sola, e a pieni polmoni respiri lo Spirit of the Game.
Disco consigliato: I’m your man, Leonard Cohen, Columbia Records, 1988
Architetto Andrea Alpini
Direttore Itinerari Culturali Golfistici Enogastronomici
Golf People Club House