L’aeroporto di Bergamo, Orio al Serio, non è poi cosi lontano da Milano, tanto che la compagnia di volo Ryanair lo ha ribattezzato con un unico nome: Milano-Bergamo.
Rispetto al alcuni anni fa l’aeroporto bergamasco è notevolmente migliorato per la qualità dei servizi offerti ai passeggeri, personalmente lo preferisco a Linate o Malpensa Terminal2, relitti d’architetture d’aviazione. Da qui ha inizio il nostro viaggio verso la terra degli Highlander.
Ore17.30 (più qualche minuto di ritardo)
Il nostro aero per Prestiwick (Glasgow) è in rullaggio. Per tutto il viaggio non si vedono altro che nuvole. Un tappeto bianco e ben annodato che si origina sopra le Alpi per terminare, momentaneamente, sopra la Manica. Si nota appena la costa inglese, e poi di nuovo nubi. Alla meta mancano 75 minuti, e il viaggio continua con la lettura della cover story di Rolling Stone: “Che fine ha fatto David Bowie?”.
All’altezza di Glasgow il comandante del nostro velivolo esce dall’entroterra per compiere un’immensa virata sul mare. Lo sguardo dal finestrino coglie forti raffiche di vento e pioggia, poi la linea della costa, verde e frastagliata. Il mare è molto mosso e si vede la cresta delle onde che spumeggiante si infrange sull’onda successiva. Poco prima di atterrare qualcuno urla: “c’è un green!”. È il primo links che si vediamo. È curioso pensate che oltre un secolo fa, proprio a Prestiwick, Old Tom Morris abbia organizzato il primo Open Championship che il mondo abbia mai visto. Una volta sbarcati e noleggiata un’automobile ci restano un paio d’ore di viaggio per attraversare trasversalmente la Scozia e arrivare a St.Andrews: la home of golf. Anche se l’itinerario non lo prevedeva, passiamo fugacemente davanti alla Club House più famosa al mondo: la Royal & Ancient. Maestosa si erge nella notte, e gloriosa pietrifica gli sguardi. Il tempo di attraversare la città e siamo nuovamente in campagna, direzione Fairmont St. Andrews. Il tragitto è brevissimo e punteggiato di cartelli che indicano alcuni tra i golf club più famosi al mondo. Puntati i fari verso l’alto scorgiamo il maniero che da dimora al nostro lussuoso albergo, il Fairmont St. Andrews. Un consierge vestito in tartan ci attende all’uscio, poi appena entrati nella hall, si apre alla vista un immenso camino con divani ai lati, mentre la cappa del focolare è sovrastata da un imponente dipinto di Giacomo I di Scozia. Eleganti e raffinati sono tutti gli spazi che compongono il Fairmont. Il lounge bar con biliardo e schermi televisivi che trasmettono golf 24ore su 24, il Kittocks bar più elegante e raffinato. Seguono poi la sala ristorante, quella dedicata alle riunioni, e infine un ampia SPA con annesso servizio palestra. Non vi è parete che non sia decorata con storiche fotografie di golf che non riportino alla memoria del golfista, come dell’inesperto, un sapore di tradizione e di impresa che ben al di la va del mero significato sportivo. Lungo le pareti vedremo cosi scorrere: bobby Jones, Harry Varden, Sam Torrance, Severiano Ballestreros, Old & Joung Tom Morris miste ad Immagini di Ryder Cup e di storici Open Championship che sono stati disputati lungo i links scozzesi. Le stanze per gli ospiti sono tutte belle e curate nei dettagli, e per chi volesse vi sono le lussuosissime suite, composte da sala d’ingresso, sala meeting con camino e camera da letto con ampia scrivania che guarda sui due percorsi di proprietà dell’hotel: il Torrance e il Kittocks. Due bellissimi links course di alto livello, sia tecnico che paesaggistico.
Ore 7.13 a.m.
Una luce intensa batte sulla finestra della camera, ritagliata a forma di abbaino all’interno dello spiovente della copertura. Sono sveglio già da mezz’ora. Non vedo l’ora di uscire in campo per confrontarmi con colpi tecnici e godermi le buche che affacciano sul mare. Dalla mia camera godo di in ottima vista sui campi da golf e sulla club house, ma soprattutto vedo le nuvole bianche e veloci che si stagliano tra costa e Mare del Nord.
Architetto Andrea Alpini
Direttore itinerari golfistici
Golf People Club Magazine