NEWS. Luigi Mazzola ci racconta il GP di Barcelona di F1

Ed eccoci qui, pronti per il quinto round del mondiale di F1, il GP di Spagna! Come vi avevo promesso, vi spiegherò come si imposta un assetto di una vettura di F1 per il circuito di Barcellona. Cominciamo con un po’ di assunzioni:
Il circuito è abbastanza completo di curve veloci (la 3 e la 9) e di curve medio lente (1,2,4,5,7,12,13). C’è anche un tornantino (10) ed una chicane lenta;
Ci sono 3  aree di cambio di direzione, curva 1-2 curva 6-7 , chicane finale  14-15;
Ci sono 2 rettilinei importanti, quello principale dei box e quello tra la 9 e la 10;
Non parliamo di efficienza e di potenza motore perché, come in qualsiasi circuito, più se ne ha e meglio è;
È un circuito da carico aerodinamico. Su una scala da 1 a 5 ( dove 1=Monza , 5= Monaco)  siamo sul 3.5 – 4.
Vediamo inoltre alcune caratteristiche dell’assetto. Dobbiamo dire che possiamo dividere il nostro sconosciuto in due parti: l’assetto meccanico e l’ assetto aerodinamico. Il primo lo si deve dividere ancora in due parti: assetto per moti verticali, assetto per moti a rollio.
ASSETTO VERTICALE: entrano in gioco le rigidezze verticali delle molle delle  4 sospensioni, le rigidezze verticali degli ammortizzatori centrali  e le rigidezze dei bump rubber,  che sono delle ulteriori molle di materiale gommoso a rigidezza variabile, posizionati normalmente dentro lo stelo degli ammortizzatori. Tutte queste rigidezze sono vincolate tra loro insieme alla rigidezza verticale dello pneumatico e comandano l’equilibrio tra le forze aerodinamiche verso il basso, la forza peso e le forze che provengono dall’asfalto attraverso i pneumatici. Nei moti a rollio, oltre a queste rigidezze sopramenzionate, eccetto quelle degli ammortizzatori centrali, intervengono anche le barre antirollio sia anteriori che posteriori. Rimango un po’ sul generico, in quanto ci sarebbero anche altre rigidezze che intervengono solo in certi scuotimenti, spiegarle diventerebbe un po’ troppo complicato per il fine che si propone questo articolo.
ASSETTO AERODINAMICO: è la configurazione di ala anteriore e posteriore scelta che, in funzione anche delle rigidezze verticali, determina la forza aerodinamica anteriore e posteriore al variare dell’altezza della vettura. Mi spiego meglio: la forza aerodinamica, pur avendo fissata tutta la carrozzeria e le ali, cambia al variare dell’altezza anteriore e posteriore della vettura. È proprio qui che la bontà dell’aerodinamica si fa sentire, ovvero la sua capacità nel mantenere un livello di carico il più costante possibile (così come la sua ripartizione tra anteriore e posteriore) per qualsiasi altezza in cui la vettura si trovi nelle varie zone del circuito.
Questo garantisce al pilota una certa omogeneità di comportamento della vettura in qualsiasi situazione e la vettura stessa diventa prevedibile e facile da guidare. Giusto per informazione, una vettura di F1 parte dai box con una altezza da terra dell’anteriore di circa 20 mm e di una altezza posteriore intorno a 60-70 mm. Gli scuotimenti della sospensione anteriore sono all’incirca di  10 mm, mentre quelli del posteriore all’incirca di 40-50 mm.  Ora voi mi direte, ci stai parlando di cose serie o di stupidaggini? Dovete sapere che  quando si varia l’altezza dell’anteriore anche di un solo millimetro, il pilota se ne accorge subito. Questo perché, per certi versi purtroppo, cambia sia il carico aerodinamico che la sua ripartizione  tra anteriore e posteriore. Facile intuire, dunque, che quando le altezze variano di 10 mm nell’anteriore  e di 40 mm nel posteriore  le forze aerodinamiche  cambiano a loro volta ed il pilota si trova sempre nella situazione di guidare questo cambiamento.

Pensate ad una frenata dove l’anteriore si abbassa repentinamente ed il posteriore, di contro, si alza e nelle stesso tempo la velocità diminuisce facendo calare la forza aerodinamica, con la conseguenza che tutta la vettura si alza continuamente. Una bella dinamica di variazione di altezze/forze aerodinamiche che il pilota deve gestire in pochissimi secondi.  Se si ha una vettura con una aerodinamica molto variabile, il pilota troverà molta difficoltà a gestirla. Pensate per esempio ad una regolazione di volume tramite manopola di una radio: se la musica che state ascoltando avesse un volume variabile, voi dovreste guidare la vostra manopola in maniera imprevedibile, in modo da mantenere costante il volume; se invece, come accade nella realtà (eccetto nei cinema o in certi film di azione) il volume rimane costante, voi scegliete la posizione ottimale della manopola che più vi piace e non dovete guidare più la manopola…  la situazione è molto più confortevole. Se vogliamo è lo stesso discorso della erogazione di potenza di un motore: se la curva di potenza è molto picky (a cuspide), alla minima variazione di giri motore e apertura farfalla, la potenza avrebbe un salto molto grande rendendo molto difficile la sua gestione in uscita curva. La situazione è anche aggravata dall’andamento a picchi e valli della coppia, che è tipico del motore sportivo a elevata dinamica. Ecco perché è nato il traction control!
Come avrete notato, non ho parlato di regolazione degli ammortizzatori. Non dimenticherò mai una scena alla quale partecipai quando ero alle primissime armi in Formula 1. Quando iniziai la mia esperienza in Ferrari ero nello stesso ufficio del mio diretto superiore: Giorgio Ascanelli, attuale DT della Toro Rosso, di cui ho una grande stima. Un giorno, Giorgio aveva un appuntamento con il proprietario di una azienda produttrice specializzata in ammortizzatori da corsa. Questo signore non ebbe neanche il tempo di poter parlare dei suoi prodotti che Giorgio lo fermò subito, dicendogli:  “Gli ammortizzatori per la performance di una F1 contano quanto il 2 di coppe quando la briscola va a denari”. Aveva ragione! Non c’è molta scienza dietro questa assunzione se si pensa agli scuotimenti degli ammortizzatori anteriori (circa 5 mm) e posteriori ( circa 30-40 mm), troppo poco perché l’olio possa fare grossi effetti. È anche vero che, in realtà, gli ammortizzatori hanno un gioco importante nell’assorbimento delle asperità  dell’asfalto (i famosi bump) e dei cordoli.  Una volta determinata la taratura ottimale attraverso simulazioni  al computer, gli ammortizzatori non vengono più toccati. Ricordatevi che dal punto di vista meccanico la Formula 1 si avvicina di più ad un Kart che ad una vettura da Rally.
Arriviamo al dunque. I parametri più importanti che un ingegnere di pista può cambiare per adattare e migliorare la vettura al circuito sono: Bilancio meccanico, Bilancio aerodinamico e Livello di carico aerodinamico.
BILANCIO MECCANICO: è la ripartizione tra tutte le rigidezze che intervengono nel rollio dell’assale anteriore rispetto a tutta la rigidezza totale a rollio della vettura. È il termine di misurazione di quanto è rigido a rollio l’assale anteriore rispetto alla rigidezza a rollio totale della vettura. Spiegare in poche parole questo concetto non è poca cosa! Perché c’è il rollio? C’è il rollio perché c’è una forza centrifuga che si genera quando una vettura percorre una curva con una certa velocità. Avete mai guidato un SUV? Provate a fare a velocità sostenuta, sempre nel rispetto del codice stradale,  un raccordo autostradale e vi accorgete immediatamente di che cosa è il rollio. Questa forza centrifuga genera una coppia che tende a far ribaltare la vettura. Ora, ci devono essere delle forze interne che bilanciano questa coppia; bene, queste forze interne sono generate grazie alle rigidezze a rollio presenti sia nell’assale anteriore che nel posteriore. Tanto più l’assale anteriore è rigido, tanto più contrasta da solo questa coppia ribaltante. E, viceversa, tanto più l’assale posteriore è rigido tanto più contrasta da solo la coppia ribaltante.
Tanto più l’assale anteriore è rigido tanto più lavora la ruota esterna e tanto meno lavora la ruota interna (quando parliamo di rollio parliamo sempre di una vettura in curva, il rollio in rettilineo, ovviamente, non esiste!) per un gioco di forze interne.
Avete notato che in certe situazioni la ruota interna si solleva? Questo vuol dire che la rigidezza a rollio di quella vettura è molto spostata sull’anteriore, ovvero il bilancio meccanico è molto elevato. Tanto per darvi dei numeri, si parla di bilancio meccanico intorno al 65%. Posso dirvi che tanto più alto è il bilancio meccanico, tanto più la vettura mette in crisi l’anteriore salvaguardando il posteriore. Lasciatemi semplificare il concetto dicendo che si tende al sottosterzo (non è sempre vero, ma semplifichiamo e crediamo che sia sempre vero) . Molte volte avete visto bloccare la ruota interna anteriore in frenata, questo perché il bilancio  meccanico è molto alto e praticamente la ruota interna si alza perdendo carico verticale e, non appena il pilota spinge il pedale del freno, lei tende a bloccarsi immediatamente. Questo effetto induce stabilità perché si genera immediatamente sottosterzo ed  il pilota si ritrova un posteriore stabile che gli da fiducia ad entrare con la dovuta velocità in curva.

BILANCIO AERODINAMICO: è il rapporto tra la forza aerodinamica anteriore rispetto alla forza aerodinamica totale della vettura. Il valore varia intorno ad un range di 38 – 43 % circa. Questo parametro è fondamentale, così come è fondamentale il valore di carico aerodinamico totale. Qui entra in gioco il primo insegnamento di Prost che mi fece durante il primo test del Paul Ricard in Francia. In questo circuito c’è la famosa curva Signes, molto veloce, e c’è anche la famosa curva doppia a destra molto meno veloce. Non meno importante è la curva 1, che è un tornantino molto stretto dopo un rettilineo abbastanza lungo. Alain mi disse: “Ricordati sempre che nelle curve veloci mi serve relativamente poco carico aerodinamico, ma mi serve un bilancio aerodinamico perfetto, niente sottosterzo e niente sovrasterzo. Vettura neutra. Quello che conta è il bilancio, non il livello di carico. Il carico aerodinamico mi serve nelle curve lente, in frenata ed in trazione ed il bilancio aerodinamico deve essere il più basso possibile compatibilmente con il compromesso con le altre curve. Nelle curve medio – lente mi serve un bilancio meccanico basso per avere più aderenza nell’anteriore e per cercare di mantenere più basso possibile il bilancio aerodinamico”.
Ora immaginate quanto sia stato fondamentale per un ingegnere, appena uscito dall’università, carpire questi indirizzi di saggezza pura da un campione come Alain Prost. Se ora chiamassi Alain e gli chiedessi gli assetti che usavamo nel 1990, sono sicuro che a grandi linee saprebbe rispondermi. Fidatevi, Alain è stato un grande, un grande pilota. Tutto questo per dirvi che il bilancio aerodinamico è la capacità prodotta dalla aerodinamica di far girare la vettura nel momento che il pilota agisce sullo sterzo. Tanto più grande è il bilancio aerodinamico, tanto più grande sarà la reattività della vettura all’input dello sterzo, la vettura sarà più puntata sull’anteriore mettendo in crisi il posteriore che diventerà instabile. In altre parole tanto più alto è il bilancio aerodinamico tanto meno sottosterzo si avrà nelle curve medio-veloci,  fino ad arrivare al punto in cui si avrà sovrasterzo con posteriore instabile.
LIVELLO DI CARICO AERODINAMICO: è semplicemente il carico totale che la configurazione aerodinamica scelta riesce a produrre a scapito della resistenza di avanzamento della vettura. A Monza si usa un livello di carico bassissimo perché conta la velocità e, quindi, si vedono profili alari molto piccoli. Viceversa, a Monaco si vedono profili alari molto grandi perché serve il maggior carico possibile per contrastare la mancanza di grip intrinseca del circuito e per far fronte a tutte le lentissime curve che richiedono molto carico verticale,  per tenere la vettura ben salda nella traiettoria.
Come preambolo per arrivare all’assetto della vettura per Barcellona potrebbe anche bastare e spero che possiate aver capito qualcosa in più rispetto quello che già sapevate.
A Barcellona serve un bilancio meccanico abbastanza alto per le seguenti ragioni:
> Il posteriore è messo a dura prova specialmente nel terzo settore;
> Ci sono diversi cambiamenti di direzione e serve un anteriore reattivo, in modo che al minimo input dello sterzo da parte del pilota la vettura risponda immediatamente. Se avete un SUV, vi sarete accorti che una volta girato lo sterzo prima che la vettura giri, passa qualche istante e nel frattempo la vettura si piega. Se poi dovete sterzare dalla parte opposta vi trovate in difficoltà, perché la vettura non risponde immediatamente allo sterzo. Tanto più la vettura è morbida nell’anteriore, tanto più è grande lo sfasamento tra l’input dello sterzo e la reazione della vettura stessa e questo manda fuori fase il pilota. Nei cambi di direzione (chicane) se il pilota va fuori fase, perde anche 2-3 decimi.
> Ci sono curve veloci come la 9 e la 3 che ha la caratteristica di essere anche molto lunga e quindi l’anteriore deve essere ben rigido per dare confidenza al pilota, non ci devono essere segni di cedimento della sospensione anteriore esterna nelle curve veloci altrimenti il pilota alza immediatamente il piede;
>Potrebbe essere necessario avere una rigidezza dell’anteriore abbastanza variabile con la velocità della vettura in modo che ad alta velocità la rigidezza si incrementi di molto rispetto alle basse velocità, il circuito si presta a questa caratteristica
Andando sul bilancio aerodinamico direi che servirebbe:
>Un bilancio aerodinamico abbastanza alto insieme ad un bilancio meccanico altrettanto alto, in quanto sia la curva 3 che la curva 9 sono molto importanti per il laptime.  E qui vi enuncio un altro insegnamento di Alain, riguardo alle curve veloci e quelle lente.  Siamo sempre al Paul Ricard e insieme a Prost c’era anche Mansell a provare (mamma mia che coppia di piloti, da brividi). Mansell faceva sempre in pieno Signes (300 km/h di velocità con 4.0 g di accelerazione laterale), mentre Alain toglieva il piede dall’acceleratore andando circa 5-10 km/h più piano rispetto Nigel. Poi c’era la curva doppia a destra che si faceva intorno ai 140 km/h, dove Alain era di circa 15 km/h più veloce di Mansell. Alain mi diceva: “Se perdi 5 km/h in una curva veloce che è seguita da un rettilineo breve, perdi pochissimo tempo, mentre se guadagni 5 km/h in una curva lenta guadagni una vita”. Fatevi due conti: 5 km/h su 300 km/h sono una percentuale bassa e considerate che una curva veloce dura molto poco (meno di 1 secondo) mentre 5 km/h su una curva di 100 km/h hanno un peso percentuale molto più grande ed in più una curva a 100 km/H dura molto di più  (anche 4 secondi).  Il suo insegnamento era: la prestazione va cercata nel lento ed il miglior laptime si ottiene facendo al meglio le curve lente. Qui cade un mito a molti di voi, ne sono certo. Però, Barcellona ha due curve veloci anomale, la 3 è lunghissima e la 9 immette in un rettilineo abbastanza lungo e quindi più velocità si riesce a portare in quella curva e più velocità si trascina lungo tutto il rettilineo. In questo caso le due curve veloci hanno un peso molto grande per il laptime di Barcellona. Quindi tanto bilancio aerodinamico e tanto bilancio meccanico.

Per quanto riguarda il livello di carico il circuito ne richiede abbastanza perché il posteriore è messo a dura prova ed il numero delle curve lente è abbastanza grande. Conviene sacrificare un po’ di velocità di punta (si perdono circa 2-3 decimi di secondo) per guadagnare sensibilmente nelle tante curve presenti
Prendo spunto dai test del Mugello per darvi qualche altra indicazione:
- Mugello ha molte caratteristiche simili a Barcellona; curve veloci e cambi di direzione, rettilineo abbastanza lungo;
- Mugello non ha curve lente contrariamente a Barcellona;
- Lavorare per cercare un set up ottimale al Mugello porta benefici per Barcellona solo nel suo settore 1 e in quello 2.  Purtroppo non per il 3;
- Mugello chiede una vettura molto piatta, ovvero rigida sia nell’anteriore che nel posteriore sia a rollio che in verticale, un bilancio meccanico molto alto accompagnato da un bilancio aerodinamico altrettanto alto. Il livello di carico potrebbe essere inferiore rispetto Barcellona, direi un livello 3;
- Le parti difficili del Mugello sono curva 3-4, curva 5-6 ed il tratto veloce dalla Casanova – Savelli alle Arrabbiate. L’ultima curva è molto particolare come traiettoria ed è importante perché immette nel lungo rettilineo;
- Mugello è un ottimo circuito per testare l’efficienza aerodinamica della vettura ma non per vedere la bontà del comportamento della stessa al variare delle altezze, ovvero la guidabilità dell’aerodinamica. Non c’è difficoltà di frenata e nemmeno difficoltà di trazione. Per vedere queste due caratteristiche Fiorano era ottimale. Nel passato in Ferrari si utilizzavano entrambi i circuiti per fare uno sviluppo completo della vettura;
- Come circuito di prova Barcellona è più completo rispetto il Mugello  per la valutazione globale del comportamento della vettura;
Lavorare sull’assetto della vettura è straordinario, l’ingegnere di pista diventa un vero e proprio leader della sua squadra. Ha come collaboratori i colleghi ingegneri addetti all’analisi dei dati di telemetria, i meccanici che dovranno apportare le modifiche nella vettura e soprattutto il pilota che avrà il compito di trasferire, attraverso un linguaggio tecnico ben preciso, le emozioni e le sensazioni avute durante il run in pista descrivendole minuziosamente. Cosa fa di un pilota un campione? Un campione sa descrivere due situazioni ben distinte:
1. La situazione reale, ovvero tutto quello che ha visto e sentito riguardo le reazioni della vettura curva per curva nelle sue tre aree, ingresso-metà-uscita curva;
2. La situazione ideale, ovvero quello che alla vettura servirebbe per essere ancora più performante. Questa è la cosa più importante perché è la visione, è il vedere quello che non c’è , che non esiste. Un ingegnere di pista che gestisce un pilota che sa vedere il mondo ideale capisce cosa è l’eccellenza.
Un bravo pilota si ferma solo alla descrizione reale. Attenzione non è poco, ma non abbastanza per diventare un campione.
E un leader aziendale?  Cosa deve avere per essere un campione ? Esattamente le stesse cose di un pilota. Presenza, conoscenza della realtà aziendale e capacità di avere visione, di vedere l’isola che non c’è che sarà raggiunta grazie alle soluzioni che i suoi collaboratori gli potranno dare.
Finisco questo sermone lunghissimo parlando di gomme. A Barcellona prevedo problemi per l’anteriore sx che è il pneumatico più sollecitato, tanto che credo che si andrà incontro ad un vero e proprio fenomeno di usura causando il drop off. Anche per questo motivo servirà, come diceva il buon Alain, una combinazione di bilancio aerodinamico e meccanico perfetta in modo da non avere tanto sottosterzo nelle curve veloci. Credo che anche in questo GP le Pirelli giocheranno il loro ruolo nel risultato finale di gara.
Ho cercato di darvi qualche nozione semplificando il più possibile certi concetti non facili da capire. La difficoltà è proprio la semplificazione che può portare a travisare troppo il concetto che si cerca di spiegare. Spero di essere stato un buon semplificatore.
Un cordiale saluto

Avanti tutta!

Luigi Mazzola