Ne deve aver vista di acqua passare sotto i ponti Pineider. È infatti dal 1774, anno di apertura della prima bottega fiorentina, che le sue carte personalizzate documentano ricorrenze e special events e i suoi strumenti da scrittura, portadocumenti e accessori da tavolo accompagnano regnanti, personaggi pubblici e professionisti. Ma nell’era della delocalizzazione, cosa c’è nel futuro di questo marchio storico da sempre votato al made in Italy? Certamente diversificazione di prodotto, afferma Alberto Bollini, AD di Francesco Pineider, ma senza venire meno ai principi di artigianalità ed eccellenza produttiva insiti nel DNA del brand.
Siete nati nella carta, ma con gli anni avete abbracciato tutto il segmento “professionale” e non solo, dove volete arrivare?
Siamo un marchio di nicchia e non miriamo certo ai grandi volumi, ma per la nostra dimensione vogliamo andare nel segmento più alto del mercato. Per questo dopo la carta (stampa personalizzata, partecipazioni, …), gli strumenti da scrittura, gli orologi e tutta la linea definita “professionale”, tre anni fa abbiamo deciso di dare il via al progetto di diversificazione.
In cosa consiste?
Abbiamo introdotto una serie di collezioni di pelletteria, capispalla e accessori dedicati al viaggio, alla donna e al bambino. Questi settori rappresentano ormai quasi la metà del fatturato, un risultato piuttosto lusinghiero per una realtà che, solo cinque anni fa, era conosciuta esclusivamente per l’universo carta e poco altro.
Recentemente avete anche siglato una licenza per i profumi…
È vero, si tratta di un accordo per la produzione e distribuzione di eau de parfume uomo e donna e di fragranze per la casa, ma siamo già in fase avanzata per definire un’altra licenza con un famoso produttore di biciclette milanese. È un settore al quale tengo in maniera particolare, perché sono convinto che buona parte dei nostri clienti, molto attenti alle dinamiche ambientali, utilizzi questo mezzo per recarsi al lavoro. E con la bici lanceremo anche una serie di accessori specifici, dalla borsa fino alle mollette ferma pantaloni.
Come siete organizzati da un punto di vista produttivo?
Tutti i prodotti del nostro catalogo sono interamente made in Italy. Per il segmento carta realizziamo la produzione direttamente a Firenze, in una piccola manifattura di proprietà, mentre per il resto dell’offerta a catalogo ci appoggiamo a partner esterni di primo livello, che condividono i nostri principi di artigianalità ed eccellenza produttiva.
Prima parlava di fatturato, ci può dare un’indicazione sulla vostra dimensione?
Non siamo certo dei colossi, ma nel 2010 abbiamo chiuso intorno agli 8 milioni con un discreto +18% rispetto all’anno precedente, non male se si considera l’andamento dei mercati. Il 2011 poi sta andando abbastanza bene e alla fine dello scorso mese eravamo già a un +13% a parità di periodo.
Quali saranno i driver che guideranno la crescita?
Punteremo tutto sulla qualità, cercando di conquistare la fascia di consumatori più sensibile a questo aspetto. Una volta il consumatore target di Pineider era quasi esclusivamente il professionista, ora ci rivolgiamo anche a sua moglie e in un certo senso ai figli.
A proposito di figli, come è stata accolta la collezione Baby?
Molto bene, il progetto è stato lanciato nel 2010 e ci sta dando grandi soddisfazioni. Alla prossima edizione di Pitti Bimbo presenteremo ufficialmente anche la linea Panda, declinata in una piccola valigia per le vacanze, un trolley, portabiti, panierini, album portafotografie, cornici per foto e sacchetti per uso quotidiano.
E per Pitti Uomo avete novità?
A gennaio abbiamo presentato la prima collezione di pelletteria uomo “stagionale”, caratterizzata da un taglio più fashion e un prezzo più accessibile, che ci ha permesso di far conoscere il brand ad una nuova fascia di consumatori. Ora torniamo a Pitti con una nuova versione di questa offerta e l’obiettivo è di essere presenti in una selezione dei migliori negozi di abbigliamento. Ma abbiamo in cantiere anche altre novità, a settembre infatti lanceremo una linea di cartelle e portafogli con il quale andremo a caccia del figlio del professionista, il neolaureato a cui magari piacciono le cose belle, ma che non ha a disposizione lo stesso budget.
Come siete distribuiti oggi?
In Italia abbiamo un portafoglio di circa 150 clienti, mentre all’estero sono circa il doppio, ma la distribuzione è molto settoriale e frammentata. Carta personalizzata a parte, che è distribuita esclusivamente in Europa per questioni di tempistica, all’estero la situazione è variegata: Giappone, Cina e Corea sono molto ricettivi per tutto ciò che riguarda la donna e in particolare le borse, in America funziona molto bene il professionale, mentre in Russia e nell’Ex-Unione Sovietica vendiamo la parte viaggio.
Esiste un progetto retail?Decisamente, anche se più che altro è un progetto di riqualificazione della rete, resosi necessario dall’ampliamento della gamma. Attualmente siamo presenti con dei punti vendita diretti a Firenze, Milano, Torino, Brescia, Varese e Roma. Nella Capitale siamo in via della Fontanella Borghese e via dei Due Macelli e attualmente quest’ultimo è in fase di rifacimento, ma entro la metà di giugno il nuovo store, rivisto secondo i nuovi canoni stilistici, dovrebbe essere finalmente pronto.
Il vostro prodotto si presta all’e-commerce?
Si, siamo partiti tre anni fa con l’avvio della brand extension e l’andamento crescente delle vendite ci fa ben sperare. Abbiamo anche rifatto il nostro sito e per i prossimi mesi poi ci aspettiamo un’ulteriore iniezione di fatturato dal segmento carta: da febbraio infatti, i clienti possono ordinare e realizzare le proprie partecipazioni direttamente online. Ma la vera scommessa è stata sviluppare un sito che riuscisse a trasmettere l’eccellenza del nostro prodotto, speriamo di esserci riusciti.
Quali sono le sfide del XXI secolo per un’azienda come la vostra, con alle spalle oltre duecento anni di storia?
Unicità e artigianalità sono nel nostro DNA e sono la cosa più difficile da rendere in un prodotto che, nell’attuale contesto di mercato, deve necessariamente avere certe caratteristiche di prezzo. È facilissimo fare un prodotto artigianale e unico senza limiti di prezzo, ma produrlo e proporlo ad un prezzo retail giusto è una costante sfida per chi come noi crea prodotti di qualità.