Fisco: parte il nuovo redditometro |
Come spiega la CGIA di Mestre saranno i conti correnti bancari e postali i primi “indiziati” del fisco per i riscontri impostati secondo il nuovo redditometro. Il Fisco conta di prendere in esame la situazione di circa 35 mila contribuenti che nel 2010 hanno dichiarato guadagni incongruenti con le spese sostenute. A far scattare i controlli saranno le difformità del 20% fra entrate e uscite, oltre i 12 mila euro nell’intero anno, secondo quanto è definito come norma dal decreto legge 78/2010.
L’idea è quella di colpire – prosegue la CGIA – per primi i grandi evasori e, per questo, ci si affiderà a prove che dovrebbero risultare abbastanza solide: i rendiconti forniti dall’anagrafe tributaria e le spese derivanti da beni noti. I sospettati riceveranno a casa un riassunto di tutte le disparità riscontrate, a cui potranno rispondere |
modificando gli importi teorizzati dall’Agenzia delle Entrate. Ancora più importante sarà la correzione del saldo di partenza e finale di conti correnti e titoli: sarà decisivo dimostrarlo attraverso ricevute ed estratti conto ricevuti dal proprio istituto, sia esso un conto bancario o Bancoposta.
È bene tenere presente che si hanno 15 giorni per preparare la risposta con la relativa documentazione. Se il Fisco non dovesse essere convinto, gli accertamenti proseguiranno e interesseranno anche spese di diverso tipo, come quelle quotidiane per cibo e vestiti.
Sarà quindi importante per i contribuenti la capacità di giustificare lo scostamento fra reddito dichiarato e spese. Le procedure non sono però ferree e alcuni controlli potrebbero non essere che una verifica di indagini già avviate dalla Guardia di finanza. |
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Inchiesta sui finanziamenti in 155 banche di 10 città |
Un’agenzia bancaria su quattro non offre un mutuo al consumatore pur con reddito cospicuo (4000 euro mensili) e contratto a tempo indeterminato. L’80% degli istituti impone di aprire un conto corrente presso la propria filiale, subordinando la concessione del mutuo a questa pratica; il 24% delle agenzie costringe a sottoscrivere una polizza vita da loro venduta, il 17% applica il vizietto alla polizza incendio, contravvenendo in questi casi al Codice del Consumo che definisce pratiche commerciali scorrette tali richieste, da segnalare immediatamente all’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Sono alcuni dei risultati sconfortanti dell’inchiesta sui mutui che Altroconsumo ha condotto in 155 agenzie bancarie di 10 città (Bari, Bologna, Brescia, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Torino, Verona).
Il settore è ingessato: da una parte i costi dei mutui rilevati durante l’inchiesta sono alle stelle – da un minimo di 2,50% di Veneto Banca (Verona) a un massimo del 6% di Creval (Milano) – dati (giugno 2013) che se sommati ai tassi di mercato fanno schizzare a livelli insostenibili il tasso finale; dall’altra il rifiuto in ogni caso di concedere il mutuo, dettato dalla sede centrale di alcune filiali, come dichiarato informalmente e con totale candore dagli addetti allo sportello, anche in condizioni esemplari. Nell’inchiesta di Altroconsumo è successo nel 26% dei casi.
La fotografia che emerge dall’indagine è agghiacciante: le banche arrivano a sottrarsi al proprio ruolo di motore economico attraverso la concessione di finanziamenti ai risparmiatori pur di non esporsi ad alcun rischio. Riassumendo: gli istituti non rischiano nulla, tengono gli spread alti, nonostante il cliente sia affidabile valutano la concessione del mutuo solo se si sottoscrive il conto corrente, la polizza vita o incendio vendute da loro.
Per i lavoratori precari ci sono poche speranze di ottenere il finanziamento; il Fondo statale che garantisce i mutui agli under 35 non è decollato: da due anni a oggi sono stati concessi solo 96 finanziamenti, utilizzando l’1,06% del monte di 50 milioni di euro messo a disposizione.
Il quadro è talmente chiaro, le tinte sono così fosche, che Altroconsumo ha denunciato i risultati dell’inchiesta ad Antitrust, Bankitalia e Ivass (Istituto di vigilanza delle assicurazioni). |
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Turismo: gli stranieri sorpassano gli Italiani in Italia |
«L’andamento del turismo alberghiero italiano da giugno ad agosto di quest’anno (rispetto allo stesso periodo del 2012) conferma il punto di frenata della crisi, riscontrato in via previsionale ad inizio estate per l’intero settore, pur lasciando sul campo perdite di fatturato e diminuzione di occupati». È quanto afferma il Presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, alla lettura dei dati relativi al monitoraggio mensile effettuato dal Centro Studi della Federazione.
Altra nota dolente riguarda il calo di occupati che vede da gennaio ad agosto un -4,5% di lavoratori, di cui un -5,1% a tempo indeterminato ed un -4% a tempo determinato.
«A questo punto -conclude Bocca- le condizioni per una robusta ripartenza del settore ci sono tutte e Governo e Parlamento devono sostenere un piano strategico condiviso urgente ed improcrastinabile che contenga almeno tre punti: la deducibilità dell’IMU che grava sugli immobili alberghieri, il credito di imposta per gli imprenditori che investono nella riqualificazione delle strutture e l’assegnazione all’Enit di risorse adeguate per promuovere l’offerta turistica italiana».
I dati sono relativi al consueto monitoraggio mensile effettuato dalla Federazione (l’inchiesta è stata svolta dal 2 al 5 settembre, intervistando con metodologia casuale internet 1.954 imprese, distribuite a campione sul territorio nazionale, per un margine di errore pari ad un più o meno -2,2%).
I mesi da gennaio ad agosto del 2013, turisticamente parlando, fanno segnare una crescita lievissima nelle presenze alberghiere determinata principalmente dalla componente estera (rispetto allo stesso periodo del 2012).
Nel dettaglio il numero di pernottamenti, a livello nazionale, è stato del +0,1%, determinato da un -3,5% di italiani ed un +4% di stranieri.
Ma l’allarme principale suona per i livelli occupazionali dei collaboratori delle strutture turistiche, calati da gennaio ad agosto di quest’anno (rispetto allo stesso periodo del 2012) del 4,5%, con un -5,1% di lavoratori a tempo indeterminato ed un -4% di lavoratori a tempo determinato. |
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